Proseguiamo la rubrica #KiwiTeam con Lorenzo Cairo, Full-Stack Developer con una spiccata esperienza back-end in Java e una certificazione Oracle Java 11,  che in azienda si divide tra attività consulenziali e sviluppo del cuore tecnologico di Omniak contribuendo alla progettazione dell’assistente intelligente che collega l’AI alla piattaforma, per trasformare le richieste degli utenti in dati e azioni concrete. In Kiwibit dal 2021, ecco le sue risposte.

Qual è il tuo percorso professionale?

Sono partito dalla programmazione “hands-on”: mi ha sempre affascinato l’idea di prendere componenti semplici e comporli in sistemi puliti e scalabili. Dopo il diploma mi sono trasferito in Germania. In quel periodo ho fatto lavori diversi, poi è arrivato il primo impiego nell’informatica. Col tempo ho consolidato il back-end Java, senza perdere la visione full-stack: capire anche il front-end mi aiuta a progettare API e servizi più utili a chi li usa.

Di cosa ti occupi in Kiwibit?

Per gran parte del tempo faccio consulenza per uno dei clienti storici di Kiwibit, a seconda del periodo questo tipo di lavoro mi occupa fino al 70/80% della mia attività lavorativa. Il resto del tempo lo dedico a Omniak e all’implementazione al suo interno di tecnologie AI. In particolare sto lavorando a un assistente virtuale che dialoga con le API della piattaforma: l’utente fa una domanda, il sistema capisce il contesto, estrae i dati (asset, interventi, KPI) e può restituire output utili dal testo fino alla generazione di file o all’avvio di azioni consentite in app. L’obiettivo è accorciare il passaggio dal dato alla decisione.

Cosa ti piace del lavoro in Kiwibit?

Premetto che mi piace moltissimo il lavoro che faccio, la programmazione, praticamente gli aspetti più nerd. Per rispondere alla domanda direi: la fiducia. C’è autonomia, ma anche un confronto costante che ti fa crescere. Quello che mi piace del lavorare in Kiwibit, quindi, è la possibilità che ci viene data di creare, sperimentare, poter dare il meglio. Non hai la percezione che ti sia tutto calato dall’alto con imposizione, ci sono obiettivi, c’è dialogo, scambio, crescita. 

Perché hai scelto di fare il programmatore? 

La programmazione dà soddisfazione immediata: crei qualcosa dal nulla e ci interagisci. È come il lavoro dell’artigiano, tanti pezzi semplici che, insieme, diventano un sistema complesso. Nel tempo restano le sfide più grandi: l’unione tra concretezza e complessità è ciò che mi tiene ingaggiato.

Tre cose di te che ti piacciono?

Oltre alla programmazione, che immagino si sia ben capito, amo la natura. Sono birdwatcher e volontario del Centro Ornitologico Toscano, partecipo ai censimenti invernali degli uccelli in Toscana, è affascinante.

Se non avessi fatto il programmatore avresti fatto…?

È difficile rispondere perché dipende molto anche dalle opportunità che ti offre la vita, ma se non avessi fatto il programmatore avrei provato qualcosa di nell’ambito nell’ambito tecnico e scientifico. Mi affascina anche l’astronomia: avrei provato una strada in quell’ambito magari.

Hai utilizzato le iniziative del piano triennale e del welfare aziendale?

Sì: sono opportunità concrete se le usi bene. Apprezzo quando l’azienda investe su benessere e formazione. Grazie alle novità normative: ho usato carburante, buoni pasto. Venendo da lontano sono spese notevoli. Sono felice che lo smart working sia diventato una prassi in Kiwibit. Grazie all’approccio per obiettivi e la fiducia anche il lavoro da remoto è efficace.

Quanto è importante per te l’aggiornamento e la formazione?

Essenziale: qualità del codice e manutenibilità dipendono da quanto padroneggi gli strumenti. Con l’AI che evolve ogni dieci minuti, non puoi farti trovare impreparato: serve tempo dedicato per impararla e integrarla bene, altrimenti resti indietro. Dedico tempo a consolidare basi (architetture, qualità del codice, sicurezza) e a sperimentare novità in modo responsabile, integrandole dove portano valore reale.

Un messaggio finale?

Curiosità e disciplina. La prima ti apre strade nuove, la seconda ti permette di percorrerle. E ricordarsi sempre che il software migliore è quello che aiuta le persone a fare meglio il proprio lavoro.

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